Katerina Kalc. Ascoltando il respiro del Carso...


Katerina vive in un piccolo paese del Carso triestino, a metà strada tra la natura delle doline e dei boschi, e la città affacciata sul mare. Nella tua ispirazione artistica, cosa prevale? Quale contesto senti aderire meglio alla tua creatività? Ci racconti il piccolo paese, gli angoli in cui ti senti accolta mentre dipingi, le zone del territorio che senti ispirarti di più? 
Qualche giorno fa ti ho vista disegnare in una suggestiva casetta in pietra, che sembrava imbottita di storie e voci del passato. Durante la visita, ho scoperto un aspetto del territorio che non conoscevo, ogni paese carsico ha un suo albero sacro e un animale totem. 
Lì, a Trebiciano, l’albero sacro è il gelso e l’animale totem il gatto nero. Nel tuo calendario 2018 metti in luce questa ricchezza culturale. Si percepisce che il substrato da cui attingono gli artisti, nei nostri luoghi, è molto antico, speciale, e forse da scoprire e conoscere meglio. Cosa ti sembra? 

 

Vivo in questo paesino da sempre, eccetto una pausa di qualche anno a Lubiana dove ho frequentato l’Accademia. Il mio legame con la natura di questi posti è stato determinante per la mia formazione. I boschi, le doline, i prati , le rocce attorno al mio paese sono stati la mia casa, molto più di quanto non lo fosse il paese o la casa-cotruzione in cui vivo. 
Pensando alla mia infanzia e soprattutto all’adolescenza, ritorno alle lunghe passeggiate con i miei cani e alle lunghe pazienti soste nelle doline ad aspettare il passaggio dei caprioli o di altri animali. Molto meno forte è il legame con il paesino , con i paesani… mentre la città non mi mi appartiene... io non le appartengo. Il mare sì. Sapere che oltre quel lembo di terra carsica si apre poi il mare mi rassicura e mi fa sentire collegata a posti lontani. 
Ecco, della città mi è cara la sua storica multiculturalità, la presenza nei suoi palazzi e nelle vie e nel porto di passaggi di gente di tante lingue, religioni, colori, costumi, odori, musiche… presenze e ricchezza di un tempo però, cose forse perse.


La casetta di pietra dove mi hai vista si chiama La casetta di Ljnčka di Trebiciano. 
Ljnčka era la sua ultima proprietaria. Oggi la casetta restaurata dai paesani è adibita a piccolo museo e a saletta per mostre ed altri eventi culturali. In questo paesino si usa rievocare idealmente l’immagine del gatto nero che soffia dal gelso. Il gelso è diventato simbolo di questo paesino perchè ci fu un’epoca in cui gli abitanti si occupavano diffusamente del allevamento del baco da seta e furono piantati molti alberi di gelso per questo scopo. In tutto il paese come in molti altri paesini carsici ci sono diversi vecchi gelsi. Anche i miei nonni ne avevano uno in cortile.
In quanto al simbolico gatto nero, non saprei dire da dove abbia origine. Era però usanza dare ai paesani di determinati paesi un nomignolo che spesso nasceva dalla rima nel dialetto sloveno di ogni paesino.
In quanto a sacralità, nelle popolazioni Slave (e quindi anche la popolazione del Carso ) il tiglio era considerato albero sacro e molto spesso il fulcro del paese era un grande tiglio accanto al quale spesso con l’avvento del cristianesimo veniva costruita anche una chiesa. Ecco, fra ironia e serietà, direi che il mio legame con questi luoghi scavalca la costruzione-chiesa per ciò che rappresenta, per tornare indietro al vecchio tiglio… a quando era ancora vivo il paganesimo degli ‘staroverci’ e il legame con la natura era più intenso. A quando l’uomo doveva conoscerla e trattarla bene per poter sopravvivere. Del lavoro dell’uomo in questa terra, ammiro, amo e rispetto la sapienza nel saper modellare ed incidere la pietra e il legno, nel saper estrarre da quel poco tutto ciò che basta a renderlo pure bello. Amo la vita nelle cose antiche. C’è molto sapere , saggezza, ricchezza, bellezza e salute nelle cose antiche. Il sapere di oggi non potrà resistere molto se il vecchio andrà perso. 

 
Dopo esserti diplomata pittrice all’Accademia di Belle Arti di Lubiana hai esposto in molti paesi, ma ti sei anche dedicata all’illustrazione e ai corsi di disegno per i bambini e gli adulti. Come riesci a coadiuvare le diverse attività, pittura, mostre, corsi, illustrazione, e come vivi dentro di te questi diversi contesti? C’è qualcosa a cui preferiresti dedicarti al 100% lasciando perdere il resto, oppure ti piace variare? Com’è successo che a un certo punto ti sei rivolta all’illustrazione, e nello specifico, l’illustrazione per bambini?

All’illustrazione mi sono avvicinata gradualmente, appena dopo il periodo accademico (o forse già prima). Erano i miei primi contributi per la rivista in lingua slovena per bambini Galeb, alla quale mi legano tanti anni di collaborazione, fino ad oggi… e spero di continuare ancora. 
Gli inizi sono stati insicuri, per poca esperienza e per il mio carattere. In realtà oltre alla rivista non posso vantare molte pubblicazioni. Ho illustrato una serie di libricini per una piccola casa editrice slovena, altre cose piccole, e nel 2016 un libro per l’Editoriale Scienza (l’unico libro a livello nazionale). Perciò è stato necessario fare anche altre cose e mi considero fortunata a potermi muovere nel mondo della creatività e dell’arte visiva, dove si possono svolgere lavori diversi ma sempre creativi, fantasiosi, anche divertenti. 
Fra questi i laboratori per bambini, un po’ nelle scuole elementari e medie, un po’ nei centri estivi, un po’ nelle varie associazioni culturali dei vari paesini del mio Carso e con qualche salto un po’ più in là (in Slovenia e nella Carinzia austriaca). A questo si sono alternati fino ad ora alcuni periodi di insegnamento di educazione artistica nelle scuole superiori slovene a Trieste. Da un paio d’anni cerco di insegnare disegno ed acquerello anche agli adulti.
Da una parte tutti questi lavori diversi mi creano confusione, pretendono organizzazione e metodo… cose che non sono esattamente il mio forte. Ma mi danno soddisfazione, soprattutto i laboratori coi bambini, spesso i corsi per adulti e molto spesso l’illustrazione. 
In tutto questo purtroppo ho dovuto trascurare la pittura. Mi manca il poter dipingere per ore e giorni fino a veder crescere i lavori per una mostra. Le idee nella mia testa si accumulano, mutano, si rimpiazzano… ma il tempo è sempre poco. 
Probabilmente non è possibile, ma vorrei poter lavorare di più nell’illustrazione, partecipare a più concorsi, farmi conoscere di più ed arrivare un po’ più lontano, migliorarmi… e vorrei anche dipingere molto di più, sviluppare una storia pittorica, un mio mondo che potesse viaggiare parallelo a quello delle mie illustrazioni.







 

In Italia, di recente hai pubblicato con le edizioni Editoriale Scienza, negli anni passati hai pubblicato svariati libri con editori sloveni. L’editoria non è un ambiente facile, tu per adesso come ti sei trovata? Cosa ti entusiasma particolarmente nella creazione di un libro? Cosa ti piacerebbe illustrare in futuro? Lo dico col sorriso ma riguardo agli alberi sacri e gli animali totem dei paesi del Carso, mi candido subito per la parte scritta, al caso, chissà...

Forse parlare di editoria in modo solo generico non è corretto. Ci sono editori importanti che si possono permettere di ‘sfruttare’ i piccoli autori e illustratori, ci sono i piccoli editori che cercano di dare il massimo con pochissime risorse, ci sono gli editori con grande senso per la qualità artistica e ci sono quelli che seguono il mercato e le vie più facili senza badare alla qualità… Personalmente mi entusiasmo per ogni nuovo lavoro offerto dalle case editrici. 
Poi a volte mi pento (per diversi motivi), a volte invece penso che ne sia valsa la pena e sono soddisfatta.
Per fare un buon lavoro è importante che la storia (il testo) piaccia anche all’illustratore, ancora meglio se l’autore e l’illustratore possano parlarne e capirsi e trovarsi sulla stessa lunghezza d’onda. Se così non è, si cerca di dare il meglio lo stesso.
Ho diverse idee che mi piacerebbe realizzare come illustratrice. 
Fra queste c’è il mio personaggino, il cinghialetto con la sua combriccola di amici. 
Vorrei creare una storia per loro ed ho qualche idea.
Il tema della sacralità totemica e della spiritualità legata alla natura, la magia, le credenze, mi affascina molto. E vorrei dedicare un lavoro bello al mio Carso… parliamone.













 



Uno sguardo sulla tua postazione di lavoro. La tua scrivania com’è? Ordinata o disordinata? C’è una finestra nella stanza in cui lavori? Cosa guarda? Il tuo angolo, devi allestirlo in qualche maniera particolare prima di iniziare un nuovo lavoro? Ci sono oggetti, atmosfere o altro che aiutano la tua ispirazione? Hai delle tecniche, dei colori preferiti? In futuro come sogneresti il tuo laboratorio ideale?

Assolutamente il disordine. Ma perché è difficile per me trovare la forza di volontà per riordinare, una volta superato questo ostacolo tremendo, ci metto giorni a pulire e ordinare perchè lo voglio fare bene, voglio che sia perfetto, ordinato, pulito e profumato… poi sto lì ad ammirare l’opera… e dopo un paio di giorni siamo punto a capo.
Ho un laboratorio-magazzino ricavato da una parte di quella che tanti anni fa è stata la stalla per le mucche e l’asino (ma oggi è molto diversa). Magazzino perché straborda di scatoloni e scatole contenenti svariatissimi materiali e colori che uso nei laboratori con i bambini, oltre ai materiali e i colori per la pittura. Li lavoro specialmente su formati più grandi o dipingo ad olio o faccio i lavori ‘sporchi’ (tipo i lavori di cartapesta). 
Molto spesso però lavoro in casa, per poter tenere d’occhio anche altre cose e svolgere altre faccende. Ho iniziato a lavorare in casa più di dieci anni fa, quando è nato mio figlio e sono passata dall’olio all’acquerello per poterlo tenere vicino.
L’ispirazione arriva dalla natura che ho attorno, dalle foto che faccio durante le passeggiate, dai libri della biblioteca e dalla rete.
Sogno costantemente il mio laboratorio ideale. Dovrebbe essere circondato dalla natura, e potersi aprire verso di essa e farla entrare attraverso delle grandi porte-finestre. Dovrebbe essere parte della natura. Una specie di tana funzionale. Un luogo di serenità, calma, pace. Ma anche un posto dove accogliere gli amici, dove passare il tempo chiacchierando, progettando, ricordando, bevendo un bicchiere di vino, leggendo… 




Guardando le tue opere, si capisce bene quanto sia importante per te la relazione con la Natura, i boschi, gli alberi e i prati del Carso, le nuvole che sfiorano le pinete, gli animali… è molto intensa la sensazione di bellezza che riesci a trasmettere in queste tavole, si sente che i soggetti fanno parte del tuo universo, la tua immaginazione è impegnata di elementi naturali. Ci racconti il tuo rapporto con i paesaggi carsici e gli animali? Hai anche creato un calendario 2018 in cui presenti dettagli di antiche case carsiche, dei portali davvero affascinanti. Il territorio dell’altipiano è ricco di tesori, cos’è che ti entusiasma quando vai in cerca di stimoli?

Ti ringrazio, mi fa sempre piacere sentire che attraverso il mio lavoro ho trasmesso l’affetto ed il rispetto per questi luoghi e le creature che vi abitano. Vorrei intensificare la forza di questi messaggi. Infatti confesso che ciò è un po’ limitato quando si tratta di un lavoro commissionato, come ad esempio il calendario dedicato ad un paesino. Limitato dal tempo e dai soggetti. Di queste terre sento più il legame con la natura e ricerco spesso nelle ombre fra gli alberi, i rovi, le pietre, dove le uniche tracce umane sono i sentieri e i muretti a secco risalenti a secoli fa. E’ un sentimento nato nell’adolescenza, una specie di legame genetico.




Un’ultima domanda che non è una domanda, ma uno spazio vuoto da riempire con ciò che vorresti dire e ancora non hai detto nelle risposte precedenti. Qualsiasi pensiero, informazione, riflessione o considerazione tu voglia condividere con chi leggerà questa intervista.

Spero sia utile scriverlo qui, nonostante questo blog sia comunque visitato prevalentemente da persone già sensibili ed aperte alla creatività…
Vorrei dire che a moltissimi, troppi bambini non viene offerto fin dalla più tenerissima età... offerto in dono il colore (nel senso materiale, nel senso cromatico e nel senso spirituale)... Meravigliatevi con i bambini dei colori brillanti, dei giochi di luce, delle ombre… dategli in mano i pastelli a cera quando sono in grado di tenerli in mano. 
Non aspettate che vadano all’asilo per farlo. 
Meravigliatevi con loro della delicatezza di un petalo sulla pelle o del pelo soffice di un animale, della perfezione di un uovo… parlate con loro alle fronde degli alberi, agli animali, indovinate le forme delle nuvole… Non aspettate che lo facciano all’asilo, perché non è detto che li lo facciano e se lo faranno non basterà. 
Il mondo ha bisogno più che mai di persone sensibili, che si fanno emozionare dalla bellezza, di persone creative ed emotive. Ditelo a quelli che non leggono questo blog… create occasioni di creatività soprattutto per i bambini… per tutti… non è mai troppo presto, forse non è mai troppo tardi.






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