Intervista ad Antonella Ossorio



Antonella Ossorio è autrice di numerosi testi per l'infanzia, ma si è dedicata anche alla narrativa “adulta”. Ha tradotto dal francese, per Emme Edizioni ed Einaudi Ragazzi, alcuni volumi delle Bayard Editions.
Nell'ambito del progetto "A for Alphabet...", a cura della Cooperativa Culturale Giannino Stoppani di Bologna, consulenza scientifica di Antonio Faeti, ha pubblicato, all'interno di "ABC, antologia di figure, lettere, caratteri e scritture" (Ed. Stoppani, Bologna, 2000) la poesia "Pensieri di un punto in crisi d'identità". Ha realizzato testi per campagne pubblicitarie sperimentali della Ferrero – Kinder Sorpresa e gli enigmi in versi inseriti nel numero 197 della serie a fumetti "Dylan Dog". Partecipa a progetti di lettura presso scuole e biblioteche, e conduce laboratori di poesia e scrittura creativa. Le sue novità editoriali sono: “Se entri nel cerchio sei libero" (Rizzoli); "Il bello dell'ombrello" (Fatatrac); "C'è un ladro in fattoria" (Giunti).




1 Come mai ha deciso di scrivere per i bambini e i ragazzi?

Il mio percorso è simile a quello di molti altri scrittori per l’infanzia: ero una maestra che amava raccontare storie ai suoi bambini. Una maestra che, grazie al grande Gianni Rodari, aveva imparato che le storie non sono mai davvero concluse, ma col tempo viaggiano e si trasformano. Sovvertire le regole di qualcosa di familiare e rassicurante come può esserlo una fiaba nota da sempre, all’inizio spiazzava i bambini; ma quando poi si “lanciavano” starli ad ascoltare era un’esperienza fantastica. Con loro inventavo storie. Per loro scrivevo le recite di Natale e di fine anno scolastico. Le scrivevo in versi, perché le imparassero seguendo il ritmo e la musica delle parole, proprio come si impara una canzone.

Un giorno quelle mie recite in rima le ho spedite alla Raffaello Editrice che stava per dare l’avvio a una nuova collana di narrativa per ragazzi. Mi ha risposto subito, chiedendomi di volgere in versi alcune fiabe classiche, come Cappuccetto Rosso, Cenerentola e altre. Così è nato il mio primo libro “Tante fiabe in rima”, seguito, due anni dopo, da “Tante favole in rima”, tratto dalle favole di Esopo. Le illustrava una giovanissima Serena Riglietti, che poi sarebbe diventata l’illustratrice di tutte le edizioni italiane di Harry Potter. E’ stata lei, qualche tempo dopo, a presentare un altro mio lavoro alla Einaudi Ragazzi. Anche stavolta è andata bene. “Cronache da Pelate” è stato il primo libro davvero tutto mio: ancora storie in versi, ma totalmente create da me. Da allora sono passati molti anni, ho scritto tanti libri, la maggior parte per l’infanzia, ma anche racconti e romanzi per adulti. E posso dire con certezza che se allora non fossi stata una maestra oggi non sarei una scrittrice.

2 Ci racconta quando scrive, il suo tavolo di lavoro e se preferisce la carta o il pc?

La carta, solo per gli appunti e per le idee da fissare al volo. In genere si tratta di fogli sparsi, se non addirittura di post- it, che dissemino dappertutto e che poi devo andare a cercare in giro per casa. Ho molti bellissimi quaderni per appunti totalmente intonsi. Perché continuo a comprarli se poi non li uso? Ah, saperlo!

La verità è che non posso farci niente: quello che la mia insegnante di quarta elementare chiamava “il brutto vizio di scrivere sui fogli volanti” proprio non riesco a togliermelo. Insomma, il mio tavolo di lavoro è piuttosto disordinato ed è un luogo dai confini imprecisati. Ma per scrivere uso il pc. All’inizio ho dovuto impormelo, poi mi ci sono abituata. Il vantaggio è evidente: non riuscire a trovare un pc è un’eventualità remota perfino per me.

3 Ci sono delle consuetudini, situazioni o atmosfere che cerca di ritrovare o ricreare perché aiutano il suo processo creativo?

Nessuna, se non un ambiente il più possibile silenzioso. Purtroppo non sono tra i fortunati che riescono a scrivere in treno o in un caffè. Mi disturbano perfino i rumori di fondo e questo, considerato che vivo a Napoli (città dal “sonoro” decisamente alto) è un problema. Ma in casa, avendo un marito sceneggiatore di fumetti e con le mie stesse fissazioni, la tranquillità è garantita. Il massimo del disturbo che mi può capitare è sentire la sua voce che mi grida dall’altra stanza frasi del tipo: “Ho trovato! Indovina stavolta ‘sto vampiro come lo faccio fuori…”.

4 Qual è il racconto che spera un giorno di riuscire a scrivere? Quello che sente vorrebbe raccontare e spera di essere in grado di tirar fuori.

C’è una storia che mi ronza in testa da anni, ma che, per un motivo o per l’altro, non mi decido mai ad affrontare. Gira intorno a un personaggio realmente esistito, ma non è questo a frenarmi, visto che ho già narrato una storia vera (quella di Adama Zoungrana nel mio ultimo romanzo, “Se entri nel cerchio sei libero, Rizzoli). Ma non ho fretta. Se quella storia vuole davvero essere raccontata, prima o poi mi costringerà a farlo.

5 Ha mai sognato i personaggi che ha inventato?

No, mai. Ma mi è capitato di inserire nei miei racconti luoghi e situazioni che fanno parte da sempre di un mio sogno ricorrente.

6 Molti ritengono che la letteratura per l’infanzia sia di serie di b e che scrivere per bambini e ragazzi sia facile. Che dire a chi la pensa così?

Che si sbaglia, ovviamente. In realtà si tratta di un’idea non sempre apertamente dichiarata, ma molto diffusa. Ma chi scrive (non solo per l’infanzia) e anche chi ha consuetudine con la lettura sa che rivolgersi ai bambini e ai ragazzi è molto complicato. Sono un pubblico esigente, i bambini, più attento e critico di quanto si possa immaginare. Il punto, secondo me, non è evitare i termini “difficili” (che un contesto chiaro rende comunque comprensibili), né gli argomenti “tosti” (ai bambini credo che si possa e si debba parlare di tutto; a patto di trovare “le parole per dirlo”). Quello che va evitato, ed è soprattutto qui che sta il difficile, è la banalità, lo stereotipo, la mancanza di sincerità. Se in una storia tutto questo c’è, credetemi, i bambini se ne accorgono.

7 Sta lavorando a qualcosa in questo periodo?

Ho appena finito un romanzo per adulti e ne ho uno per bambini in attesa di pubblicazione.
Nel frattempo, prendo appunti sui miei fogli volanti.

8 C’è qualcosa che vorrebbe lasciar detto in questa intervista?
   Una riflessione, un pensiero, un messaggio, ciò che preferisce, ci dica.

Sì. Non è una mia riflessione, ma una frase scritta da un gruppo di ragazze di un Istituto Superiore di un paese in provincia di Napoli, alle quali ho tenuto un corso di scrittura promosso dalla Comunità Europea. Dopo molti incontri, molte ore passate a scrivere e a leggere insieme, molta fatica sia da parte mia che da parte loro e perfino qualche contrasto, da quest’esperienza è nato un racconto collettivo. Un bel racconto. Nella prefazione le ragazze hanno scritto: “… è stato allora che abbiamo fatto una scoperta inaspettata: la scrittura è una grande avventura. Perché le storie riservano sorprese non solo a chi le legge, ma anche a chi le scrive”.

il sito dell'autrice info@antonellaossorio.it

Se qualcuno, per qualsiasi motivo, volesse utilizzare anche solo in parte l’intervista presente in questo post, dovrà chiedere esplicita autorizzazione all’autore che ha fornito le risposte.




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