In soffitta, ritrovamenti e ricordi.

Quando faceva caldo mia mamma metteva due brandine da mare in taverna. Veramente in quegli anni era un misto tra garage, taverna e cantina. Comunque si stava al fresco. Ci sdraiavamo di pancia. La mia mamma apriva un libro, a terra davanti la sua brandina, dove potevo anch’io vedere le pagine, che raramente erano illustrate, ma mi piaceva osservarle scorrere durante la lettura. Erano storie un po’ lunghe, ricordo una bambina che doveva lavare montagne di panni con un pezzettino piccolissimo di sapone, ricordo una ragazza che doveva confezionare vestiti con rami spinosi di rovo, per i suoi fratelli che erano stati trasformati in cigni… l’altro giorno sono andata in soffitta per recuperare qualcuno di questi libri, ne ho trovati un paio, ma dovrò rimettermi a caccia tra gli scatoloni. Per ora ho scovato questi due.





Rimescolandomi tra le varie cose della mia infanzia ho fatto un ritrovamento particolare. La mia fionda!

Fatta di legno di sambuco, un pezzo di pellame sintetico che non ho idea da dove provenisse e un elastico da mutande. C’era un boschetto di sambuchi sulla strada sterrata che portava da casa mia a quella dei miei nonni. Un boschetto sotto al quale passava una vena d’acqua così potente che una volta, diceva mio nonno, in un periodo di piena, si era portata via in un momento un materasso, buttato lì da qualcuno proprio per vedere se il corso d’acqua era tanto potente quanto faceva pensare il suo lugubre borbottio.

Là i sambuchi crescevano a meraviglia. Mia nonna impanava i fiori bianchi ad ombrello. Un trio di bambini della zona una volta mangiò le bacche e finì all’ospedale per una lavanda gastrica… credo che i genitori non sapessero esattamente che bacche avessero mangiato i loro figli, altrimenti, non posso credere che per le bacche del sambuco degli ospedalieri abbiano sottoposto dei bambini a questo trattamento. Io ero più grandicella e me li ricordo quei tre, li vidi raccogliere le bacche nere per poi portarsele in una casetta di legno nell’orto dei loro zii. Passarono un pomeriggio a farci intrugli e pozioni, a quel bel colore che gli si impastava tra le mani a un certo punto non hanno resistito e si son mangiati e bevuti le loro preparazioni.

Chissà quando li hanno scoperti tutti colorati di viola sambuco… chissà che facce avranno fatto loro e che paura avranno provato i loro genitori. Bon, mi sono tornate alla mente queste piccole vicende. Ma ora ecco la mitica fionda! Un lavoro accurato eh? Avrò avuto 8 anni quando la feci, mio cugino di due anni più grande aveva un suo coltellino, io presi in prestito quello di mio papà, che teneva nascosto in un cassetto, nascosto sì… però io sapevo dove eh eh eh…la corteccia si sfogliava facilmente, sotto era verdognola se non ricordo male, incisi pure la mia iniziale, ci perdemmo un po' di tempo, ma intagliammo con cura. L'elastico s'è seccato, ma allora funzionava bene. Armavano la fionda con le bacche dure e leggermente spinose del cipresso, oppure con quelle acerbe e durissime dell'alloro. Certi pizzichi sui polpacci!




Ha circa 31 anni!

Commenti

Rita Piano ha detto…
Che bellissimo racconto,
Cristina! Ma che bello, grazie, passerei le ore a leggere quello che scrivi...Fai sognare. Hai un dono meraviglioso e una capacità straordinaria. Credo che dovresti pensare a un libro dei tuoi ricordi d'infanzia...
un bacione,
Rita
Natascia Ugliano ha detto…
Ciao Cris, che bello sentirti raccontare questi momenti della tua infanzia...
Grazie per averceli regalati e complimenti per la tua fionda, un'ottimo lavoro!
A prestissimo, un abbraccio
Natascia
Io non ho mai avuto una fionda, però ho ancora i libri che leggevo da bambina, tranne il primo, che però non dimenticherò mai, grazie per qs pezzettini di vita
A presto
Mariangela

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